Vito Gallo | Saint Pierre e Miquelon

Era l’anno che la guardia costiera degli USA ci ha sequestrati per presunte irregolarità portandoci nel porto di NEW YORK . Dopo 12 giorni ed dopo aver pagato una multa salatissima (circa 700 milioni di lire, in seguito recuperati), l’armatore mi comunica di andare a Saint Pierre e Miquelon, per trasbordare il pesce che avevamo a bordo su una nave frigorifera coreana, che lo avrebbe portato in Italia. Saint Pierre e Miquelon è un isoletta nel Newfoundland in Canada, sotto la giurisdizione francese. Non c’ero mai stato, ma non era un problema. Da NEW YORK facciamo rotta verso nord. Considerando che era dicembre, non era una navigazione tanto tranquilla, a quelle latitudini non è bello navigare d’inverno.

Infatti quando arrivati sotto la costa della NUOVA SCOZIA all’altezza di HALIFAX, ci fermammo per ripararci sotto costa, passeggiando tutta la notte su e giù, aspettando che faceva giorno per decidere se andare avanti o aspettare ancora in attesa che le condizioni meteo migliorassero. Quel tratto di mare, era davvero difficile perché dovevamo attraversare il golfo di ST LAWRENCE che era quasi sempre arrabbiatissimo, un freddo da cani, ogni spruzzata di mare che veniva a bordo, subito congelava, i corrimano erano diventati enormi con il ghiaccio. Durante la notte un fascio di luce ci illumina, era la COAST GUARD canadese, ci chiama sul canale 16 del VHF, e ci chiede il nostro nominativo internazionale, IJMB ancora lo ricordo e come posso dimenticare l’AIRONE. 5 minuti dopo ci da l’ok per rimanere in quella posizione, perché in precedenza avevamo chiesto via radio alle autorità canadesi il permesso di avvicinarci per ripararci. La mattina presto riprendiamo la navigazione per ST PIERRE, con lo spauracchio del golfo di ST LAWRENCE. Il Fax che ci dava la cartina meteo, (allora le navi ricevevano le carte meteo via fax ) non dava niente di buono, tuttavia si navigava, non dico come. La situazione meteo peggiorava di ora in ora, dovevamo andare per forza avanti, non avevamo dove poterci riparare, eravamo in mezzo al golfo… Arriviamo a ST PIERRE di notte, oltre al vento ed al mare in tempesta, c’era una tormenta di neve che non ti faceva vedere ad un palmo dal naso. Mi affacciavo fuori con il binocolo, per tentare di vedere l’imboccatura del porto, il barbone che avevo diventava bianco e duro come fili di ferro, perché si congelava subito. A complicare le cose quella notte, i fanali di imboccatura del porto erano spenti. Chiamo il pilota e mi rispondono che con quelle condizioni non potevano uscire, dovevamo tentare da soli, perché fuori non potevamo rimanere, loro mi davano un aiuto, mi dicono che si mettono al centro dell’imboccatura del porto e accendevano il proiettore, quindi di puntare su di loro. OK dico. Mi rivolgo al primo ufficiale e gli dico, dai Giová, attento al timone che io vado fuori per individuare la pilotina. A dopo un certo punto: “Giova avanti tutta” gli grido. Entrati, abbiamo dovuto fare marcia indietro per non andare a finire sul molo con l’abbrivio che avevamo. Siamo stati 10 minuti fermi in mezzo al porto prima di attraccare al molo, per rilassarmi. Il 1° ufficiale era GIOVANNI GIAMMONA. Le varianti che dicevo all’ inizio sono:

• nella prima esperienza ero un giovane ufficiale appena congedato da poco dal militare, quindi non ho capito fino in fondo la pericolosità, da giovani, le emozioni li gestisci in un altra forma. Si ho avuto paura, leggendo la preoccupazione in faccia a mio papà, ma nello stesso tempo mi sentivo rassicurato dall’esperienza sua.
• La seconda variante era che questa volta il comandante ero io ed inoltre a parte il mare e il vento, c’era anche la tormenta di neve. Anche questa volta ce l’abbiamo fatta. Chiedo scusa non scriverò più cosi lungo, fate finta che avete letto 3 pagine di libro CIAO A TUTTI