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Comunità Lampedusa Vito Gallo Lampedusa

In Mauritania

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Era il 1967 , imbarcato come 1° ufficiale sull’Annunziata C. dei fratelli Cefalù di Palermo, comandante PAOLO SFERLAZZO, mio grandissimo amico, scomparso troppo presto. L’ho detto prima e lo ripeto adesso, lui non era il mio comandante, ne io il suo ufficiale, eravamo mpà (compari). Si lavorava nelle acque della Mauritania con regolare permesso di pesca. Avviene che il permesso era in scadenza, Paolo chiama così l’armatore per informarlo, e lui, lo rassicura dicendogli di non preoccuparsi che provvedeva subito a rinnovarlo con l’ambasciata Mauritania a Roma. Il permesso scade, noi continuiamo a pescare.
Tutte le settimane, la vedetta militare si avvicinava, controllava, prendeva del pesce ed andava via. Un paio di giorni dopo la scadenza del permesso di pesca, si affiancano, salgono a bordo, armati di fucile. Erano le 10.00 circa del mattino, io stavo riposando, avendo fatto la notte, viene un marinaio, mi sveglia e mi dice di andare subito in plancia. Vado su e mi trovo 4 militari scalzi con i fucili puntati sul comandante. Paolo mi dice: <<Mpà, tu che parli un pò di francese, spiegagli la situazione del permesso (in Mauritania parlano francese) che l’armatore sta provvedendo>>. Accenno a parlare, uno di loro, si gira e mi da un colpo al petto con la punta del fucile e con la faccia arrabbiata mi dice: <<Tu comandante?>> <<No>> gli rispondo, e mi fa capire di stare zitto, intanto gli sposto delicatamente il fucile dal mio petto, un altro colpo, ancora più arrabbiato, ho capito che era meglio stare zitto e fermo.
Hanno finito di parlare con il comandante, gli dico: <<Mpà vogliono che portiamo la barca a terra a Port Etienne>> (Oggi Nouadhibou).

Andiamo in porto scortati dalla vedetta militare, diamo fondo l’ancora in rada, ci mettono due militari armati a bordo. Dopo un paio di giorni, il signore Antonio D’Onofrio, italiano che aveva una piccola agenzia, dice alle autorità di levare quelle guardie che erano a bordo, garantiva lui (Poverino).
Dopo una settimana, Paolo decide con l’armatore di tentare di fuggire dal porto dicendomi: <<Mpà dobbiamo tentare di fare un colpo di mano, questa sera entrerà il SAN SIMONE, ( una barca di San Benedetto del Tronto) mentre lui manovra, noi salpiamo l’ancora. Avvisa tutto l’equipaggio che appena salpato l’ancora, vanno tutti sotto in cabina senza venire in coperta, dobbiamo rimanere solo io e tu in plancia e un timoniere>>.
Il canale di uscita non era semplice, specialmente di notte.
Entra il SAN SIMONE, nel trambusto che dava fondo l’ancora, noi salpavamo, tutti giù e avanti a tutta forza (forse là abbiamo sbagliato), infatti essendo stata la macchina ferma per una settimana, dopo 10 minuti che si camminava, la sala macchine era invasa di fumo, il direttore di macchina GIANNI MARTELLO anche lui di Lampedusa, ferma subito, si era rotta una guarnizione di non so quale tubo. In mezz’ora circa ha riparato e si riprende la navigazione. E’ stata la mezzora più lunga della mia vita. Paolo che seguiva la navigazione nel canale e io in allerta con il binocolo incollato agli occhi, per vedere se c’era movimento al pontile delle vedette, tutti i momenti che mi domandava: <<Mpà si muove niente>>?
C’è l’abbiamo fatta, abbiamo navigato tutta la notte verso NORD, all’alba abbiamo ripreso la pesca, sempre nelle acque della Mauritania. Salpata la prima cala, i marinai, mi chiamano e mi dicono di parlare con il Comandante che loro non se la sentivano di continuare perché se usciva la vedetta e ci prendeva questa volta poteva andare male. Vado in plancia, riferisco a PAOLO, e mi chiede, <<tu che dici mpà>>, <<O Mpà>> dico io <<siamo quasi a fine viaggio, mancano solo600/ 700 cassette ( portavamo 18.000 cassette) vale la pena rischiare?>> <<Bene>> dice lui, <<dille di imbarcare tutto che si va via.>> Cosi è finita questa avventura.
Per la cronaca dopo un anno circa mi sono ritrovato di nuovo in quel porto al comando di una barca di Anzio il VELTRO e D’Onofrio mi ha riconosciuto e per poco non mi faceva arrestare.

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