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Il Figlio di Vito Gallo

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Voglio raccontarvi la storia del figlio del comandante Vito Gallo. Sintetizzerò più che posso.

Siamo agli inizi del 1985, una sera, poco prima di mezzanotte, squilla il telefono, rispondo, era Amedeo Pecoraro, rappresentante della ditta Cefalù di Palermo.
Mi dice: Domani mattina prendi il primo aereo Pisa/Palermo, perché è morto Franco in un incidente d’auto venendo da Punta Raisi. Franco Cefalù era il mio armatore ai tempi dell’AIRONE.

Airone

Airone

Una persona squisita, educato con tutti, il migliore che abbia avuto. Per lui la barca non era sua ma del comandante, la parola del comandante era sacra. Tantissimi marinai lampedusani, hanno lavorato con quella compagnia e sanno che quello che sto dicendo è la verità. Ogni volta che veniva a bordo, ci sedevamo in saletta per discutere e mi diceva: Gallo dica al cuoco se per favore mi porta un caffè.

Sono stato l’unico di tutti i comandanti delle sue barche a vederlo per l’ultima volta. Con la morte di Franco Cefalù, finisce il mio rapporto di lavoro con quella compagnia.

Lasciare l’AIRONE, per me è stata dura, per 12 anni è stata la mia casa, è stato il periodo più bello per me con tante soddisfazioni. Dopo tanto tempo alle barche ti affezioni, le barche non sono cose, ma esseri viventi, si crea un rapporto fra comandante e barca. Conosci tutti i suoi difetti, sai come trattarla, lei conosce te, il modo di governarla e ti ubbidisce. Le barche non sono tutte uguali. Dopo circa un mese a casa, mi chiama un armatore di Comacchio, per andare a comandare una sua barca che lavorava in Angola. Gli chiedo un mese per riposarmi, prima di partire, accompagnai una zia di mia moglie da Viareggio ad Anzio, dove incontrai un mio vecchio armatore. Questo mi propose di imbarcarmi in una sua barca che lavorava in Sierra Leone, per fare i turni con un altro comandante di Lampedusa, Totino Bono. Devo dire Bono di nome e Bono di persona. Feci i miei calcoli, con questo armatore lavorai tanto tempo e pure bene devo dire, per di più nella stessa barca, inoltre c’era del personale di Lampedusa, accettai.

Bene elimino molte cose, andiamo alla storia del figlio di Vito Gallo.

Quando si entrava in porto (porto canale con una corrente bestiale) a Freetown, le barche si ancoravano in mezzo al canale, con tutto ciò, arrivavano con le canoe una marea di persone donne, uomini, bambini e rimanevano a bordo tutto il tempo della sosta, un po’ per mangiare un po’ per rubare. Certamente con quella confusione succedeva di tutto, solamente che sia io che Totino avevamo una buona reputazione e quindi furti non ne capitavano mai. Avrei mille episodi da raccontare di quella zona, una delle più povere dell’Africa.
Un pomeriggio ero in cabina, sento un rumore, esco fuori e vedo un bambino di 6/7 anni che stava rubando delle buste di acqua minerale. Lo prendo, lui piange…no papà, no Police, no police, no gli dico io, no police, andiamo a terra e portami da tuo padre, no io no papà, allora portami da tua madre. Scendiamo con la canoa, quel luogo é sempre affollatissimo, cerca con lo sguardo e mi indica una donna che portava un bimbo di mesi dietro la schiena. Mi avvicino, e le dico: questo bambino tuo? Si mi rispose. Posso portarmelo con me a bordo? La donna sapendo chi ero per sentito dire, tutta contenta disse, yes capitain , yes.
Bene, me lo porto a bordo, lo tengo per una diecina di anni, quando cambiavo barca me lo portavo con me. Non vi posso raccontare come è diventato questo bambino. Da quel giorno MOHAMMED, cosi si chiamava, è diventato il figlio di Vito. Un giorno vi racconterò il suo percorso. Mi diceva sempre Papà quando io grande mi sposo e nasce bambino metto tuo nome. Mi ritiro in pensione, dopo un paio d’anni, mi arriva una telefonata da Londra, era MOHAMMED , tutto contento mi dice che era a Londra e faceva il secondo cuoco in un ristorante africano ed era contento di sentirmi. Per un periodo mi chiamava spesso, in una di queste telefonate mi disse, Papà è nato bambino ma io ancora non lo conosco, cinque mesi che sono a Londra, ho messo nome tuo VITOGALLO. Come Vito Gallo? Si nome tuo. Ho capito il perché, li mi chiamavano comandante Vito Gallo e pensavano che era solo il nome. Infatti il cognome del bimbo era il suo. Adesso sono circa 5 anni che non lo sento, il bambino dovrebbe avere 18 anni. Un giorno mi piacerebbe parlare solo di MOHAMMED il figlio di Vito e del suo percorso di vita fino ad arrivare a Londra. Questa storia mi ha fatto capire, se ce ne fosse stato ancora bisogno che quella gente non deve essere sfruttata, ma darle l’opportunità per migliorare. Questo non è l’unico caso che mi è capitato, ma il più importante. Non vi addormentate, magari leggetelo un po’ alla volta.

Mohamed e Vito
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