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Lampedusa – Stefano Sommier

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Il 18 aprile 1873 Carlo Pietro Stefano Sommier (Firenze, 20 maggio 1848 – Firenze, 3 gennaio 1922) giunse, dopo un avventuroso viaggio a bordo di uno sciabecco, nell’isola di Lampedusa.

Da quel suo viaggio ordinato dal Prof. Filippo Parlatore, Stefano Sommier elaborò la più completa descrizione della flora di Lampedusa ancora oggi annoverata nelle bibliografie degli studiosi botanici.

L’opera fu pubblicata dopo 35 anni dal viaggio sulle isole e prese il titolo di Le Isole Pelagie Lampedusa, Linosa, Lampione e la loro flora con elenco completo delle piante di Pantelleria.

Di seguito riporto la prefazione del libro anche per ricordare che già in quegli anni era iniziata la colonia penale di Lampedusa.

Nel 1873 il prof. Parlatore, specialmente in vista di raccogliere materiali per la sua Flora Italiana alla quale allora lavorava assiduamente, mandava in Sicilia il sig. Luigi Ajuti, giardiniere botanico del R. Istituto Superiore, per una campagna botanica primaverile, che doveva estendersi fino alle isolette di Linosa e di Lampedusa, ed ebbe caro che io mi unissi all’Ajuti in quel viaggio.

Oggi ancora il portarsi alle isole Pelagie non è cosa molto comoda ; ma ben più disagevole era il viaggio in quel tempo. Unico mezzo di comunicazione era il piccolo veliero che portava da Porto Empedocle a Lampedusa la posta ed i condannati a domicilio coatto. Col capitano di quella meschina imbarcazione, che in Sicilia porta il nome arabo di sciabecco, contrattammo il nostro passaggio.

Quanto staremo in mare ? — gli chiedemmo.

Forse ventiquattro ore se il vento è buono; ma portino con sè provviste per otto giorni perché non si può sapere ; fu la suggestiva risposta.

Il 15 aprile ci imbarcammo a Porto Empedocle, in compagnia di una squadra di condannati con i relativi carabinieri. Lo scia-becco aveva una sola più che modesta cabina, quella del capitano, che questi gentilmente ci cedette. Condannati e carabinieri furono allogati nella stiva. Cominciò il viaggio sotto buoni auspici : ma dopo poco, cambiato e rinfrescato il vento, dovemmo cambiar corso e metter la prua sopra Pantelleria che avvistammo il giorno dopo la nostra partenza. Mutatosi da capo il vento in furioso libeccio, fummo respinti fino a rivedere le coste di Sicilia, quando un nuovo mutamento ci permise di rimettere la prua su Lampedusa dove arrivammo il 18 aprile. Eravamo rimasti così il trastullo delle onde e dei venti per tre giorni e tre notti, durante i quali, è inutile dirlo, le nostre provviste rimasero intatte I

Il nostro ritorno fu più fortunato. Partiti da Lampedusa il 1° maggio con buon vento di mezzogiorno, giungemmo a Porto Empedocle in poco più di ventiquattr’ ore.

Ma se non era facile arrivare a Lampedusa, meno facile ancora era il giungere a Linosa. Per andarvi dovemmo noleggiare a Lampedusa una barchetta scoperta. Con questa, scelto un giorno di buonvento, il 21 aprile giungemmo in sei ore a Linosa, con qualche peripezia soltanto all’ arrivo; lo sbarco essendo difficile col vento fresco su quella costa rocciosa. Il 25 tornammo colla nostra barca a Lampedusa.

Sarebbe stato mio desiderio andare anche a Lampione. Ma allora, come ai tempi di Calcara, lo vietavano le leggi sanitarie ; ossia non avremmo potuto sbarcare in questo isolotto disabitato senza sottoporci poi ad una lunga quarantena.

Quando presentai questo scritto al Congresso di Palermo, erano trascorsi quasi trent’ anni dall’ epoca di quella gita ; eppure rivedendo le mie raccolte mi ero persuaso che meritavano ancora di esser pubblicate. Buon numero delle nostre piante figuravano nella Flora italiana di Parlatore e nella sua continuazione per Caruel, e precisamente quelle delle famiglie pubblicate dopo il 1873. Molte delle specie che quando le raccogliemmo non erano note delle isole Pelagie, erano state poi trovate e pubblicate dai signori Lojacono, Ross e Solla. Tuttavia ve ne erano non poche la cui presenza in quelle isole non era stata ancora segnalata. E del resto, anche astrazion fatta dalle nuovità contenute nelle mie due florule, mi era sembrato prezzo dell’opera il riunire in un corpo quanto era stato fin allora pubblicato frammentariamente ed in opuscoli non facili a procurarsi, e presentare cosi il quadro esatto della flora delle due isole quale allora la conoscevamo. Questa pubblicazione mi pareva poi che avesse un interesse speciale non soltanto perché le nostre due isolette sono gli ultimi lembi meridionali di terra appartenenti Italia, ma anche perché le loro florule permettono di fare il confronto fra due isole vicine e quindi sottoposte a condizioni climatiche uguali, ma assolutamente diverse per origine e per natura di suolo.

La pubblicazione di questo mio lavoro ha subito un lungo ritardo, perché era destinato agli Atti del Congresso di Palermo, la cui stampa dopo essere stata rimandata fu poi definitivamente abbandonata. Nel frattempo il dott. Zodda ha fatto una escursione botanica nelle Pelagie, ed io stesso ho potuto tornare a visitarle in compagnia del giardiniere botanico Antonino Riccobono. Cosi la nostra conoscenza di queste isole ha fatto un altro passo, e posso presentarne le florule con notevoli aggiunte.

E’ dunque il caso di dire che ogni male non vien per nuocere.